Cenni Storici
Ultima modifica 20 luglio 2023
Buseto Palizzolo, striscia di terra tra Erice e Segesta, con le sue case immerse nel verde della campagna, offre uno dei paesaggi più suggestivi della provincia di Trapani. Il territorio busetano, è stato per secoli la via naturale tra le due antichissime città elime.Storicamente feudo di Monte San Giuliano, l’odierna Erice, Buseto Palizzolo, prende il suo primo nome “Casale Busith” (dalla probabile volgarizzazione del termine arabo “basita” ovvero “terra”), da quanto risulta nel “Privilegium Concessionis Territorii Excelsae Civitatis Montis Sancte Juliani”, diploma di assegnazione perpetua di un vasto territorio concesso nel 1241 dall’Imperatore Federico II di Svevia all’Università di Monte San Giuliano. Si presume inoltre che la denominazione “Palizzolo” derivi dal cognome di una famiglia patrizia di origini normanna, presente sul Monte San Giuliano già dal 1400. Il percorso verso l’autonomia amministrativa, iniziato nel 1946 a cura di un gruppo di cittadini busetani, porta il 4 Luglio 1950 al riconoscimento di Buseto Palizzolo come comune autonomo.La storia di questo territorio ha origini molto antiche, risalenti addirittura all’XI secolo a.C. con lo stanziamento degli Elimi nella parte occidentale della Sicilia. Vista Troia in pericolo e riconoscendo vano ogni tentativo di salvezza, il principe Elimo ed altri suoi compagni, si affrettarono a prendere il mare per trovare riparo in Sicilia. Anche Enea, loro amico, sbarca a Trapani e poiché non vi era nessuna speranza di ritornare in patria decise di sistemarsi definitivamente nella zona di Segesta. Questa regione venne chiamata Elimica e i suoi popoli assunsero il nome di Elimi. Successivamente, con la dominazione di Bisanzio (nel 554 d.C.) appare probabile che questo territorio sia stato ‘abitato’, sia pure per brevi periodi, da contadini Rùmi (cristiani di rito orientale) provenienti da Erice.I segni della presenza Bizantina a Buseto sono ancor oggi evidenti, e sono evincibili precisamente dalla toponomastica attuale di alcune contrade che risentono degli antichi nomi ellenistici. I più significativi esempi sono offerti dal casale Arcodaci (Archontai) volgarizzato in Scorace; dalla contrada Badia, dal greco ‘badeia’ (valle). Durante la dominazione musulmana il territorio di Buseto fu assegnato ad Erice. Gli Arabi vi favorirono lo sviluppo dell’agricoltura, dissodando terre incolte e diminuendo gli ampi spazi boschivi esistenti. Vi introdussero nuove colture come le arance, i limoni, il sommacco, il cotone, il gelso, le palme. Il territorio fu ripartito dal Rais di Tràblàs (Trapani) tra numerosi proprietari che costruirono nei fondi loro assegnati dei casali (Rachal). Dopo la cacciata degli Arabi, l’antica Erice, riacquistava con i Normanni il vecchio prestigio strategico e militare. Tra gli speciali privilegi concessi a quanti vi si volessero stabilire e godere della speciale condizione di “habitatores” di una città del demanio regio, vi fu la concessione da parte di Guglielmo il Buono (secondo le norme e le consuetudini del diritto germanico importato in Sicilia) di vasti territori in proprietà comune Storicamente quindi legato alle vicende del Monte San Giuliano, l’odierna Erice, sia da vincoli 1amministrativi, economici e socio-culturali, il Comune di Buseto Palizzolo, prende il suo primo nome “Casale Busith” dalla probabile volgarizzazione del termine arabo “basita” ovvero “terra”, da quanto risulta nel “Privilegium Concessionis Territorii Excelsae Civitatis Montis Sancte Juliani”, diploma di assegnazione perpetua di un vasto territorio concesso dall’Imperatore Federico II di Svevia all’Università di Monte S. Giuliano, nel 1241. Il territorio appartenente all’Università di Monte S. Giuliano veniva così suddiviso in 14 casali, fra cui Casale Busith (Buseto).
Gli “habitatores” del monte, ovvero, gli abitanti della vetta, con gradualità, tornarono a dissodare quelle terre considerate di nessuno, “res nullius”. Preferirono però risiedere sul monte dove si sentivano più sicuri da insidie o forme di violenza piratesca e da dove si spostavano verso il lavoro dei campi solamente per i tempi necessari per la cura delle coltivazioni ed il raccolto. I casali si trasformarono in feudi, all’interno dei quali sorsero le “parecchiate”, ovvero estensioni di terreno sottratto al pascolo, in cui veniva avviata la coltivazione del grano, della vite e dell’ulivo. Nel XVII secolo i contratti di affitto delle parecchiate furono trasformati in enfiteusi ventennale ed in seguito in enfiteusi perpetua. Nelle parecchiate si iniziò la costruzione dei “bagli”, simili a fortilizi di grande interesse architettonico, veri capolavori dell’edilizia artigianale-rurale. Il termine dialettale “bagghiu”, trae origine dall’arabo “bahal” che vuol dire cortile. La loro funzione fu quella di poter meglio coordinare l’andamento dei lavori dei campi, ricovero e protezione per armenti, forniti di ogni tipo di comodità rurale abitativa, sia per i proprietari che per i lavoranti della terra.Il territorio di Buseto ebbe un ruolo primario nell’attività agricola e nell’economia, perché qui si estendono le migliori terre produttive della Università montese. Il primo elenco completo delle parecchiate risale al 1615:nel territorio dell’Università di M. San Giuliano risultano complessivamente 77 parecchiate, di cui ben 37 ricadono nel territorio di Buseto. Per il numero e l’estensione di esse, Busiti è al primo posto. È questo il motivo che spinge molte famiglie patrizie montesi a diventare “parecchiatori” di queste terre, famiglie che successivamente vediamo primeggiare ed emergere nella vita sociale ed economica di M. S. Giuliano e nel governo della città e del territorio, come gli Scuderi, i Palma e i Palizzolo.Nel 1629 una grave epidemia di peste, funestò la città di M. S. Giuliano, e l’Università che non versava in floride condizioni finanziarie, per far fronte alle enormi spese occorrenti, vendette larga parte dell’attualeterritorio di Buseto Palizzolo. Nel 1750 questo territorio risultava completamente sottratto al Demanio. Condizione differente da quella verificatasi nei territori anch’essi demaniali, di S. Vito Lo Capo e Custonaci, dove le terre di queste zone vennero suddivise in appezzamenti, ed assegnate dai giurati ai contadini che ne facevano richiesta con l’obbligo di costruire la propria abitazione attorno alla chiesa del Santuario. Ebbe inizio così la prima forma di urbanizzazione di questi centri. A “Buseto Palizzolo”, invece, punto cardine dello sviluppo agricolo-urbanistico restano le “parecchiate”. Per quanto attiene la denominazione “Buseto Palizzolo”, si presume che “Palizzolo” derivi dal cognome di una famiglia patrizia di origini normanna, presente sul Monte S. Giuliano già dal 1400. Un certo Giovanni Pietro Palizzolo, fu eletto, infatti, nel 1456 Castellano di M. S. Giuliano da Re Alfonso d’Aragona. I discendenti successivi non risultano fra i conduttori di parecchiate, ma si dedicarono principalmente alla molto più lucrosa attività di gestori degli appalti dei “feudi” per il pascolo e l’allevamento di armenti. Rivestirono pertanto cariche sociali di grande prestigio, come senatori, capitani, giurati, giudici criminali e d’appello, sindaci ecc. Molte parecchiate del territorio di “busith” rimasero di loro proprietà per diversi secoli, è probabile pertanto che l’aggiunta di “Palizzolo” all’originario “Busiti” sia dovuto a questo, come si riscontra in molti documenti degli antichi archivi di M.S. Giuliano, con la menzione di “Casale busiti dei Palizzolo”. Nei primi decenni del 1800 inizia un processo di spopolamento di Erice. Fu con la riforma costituzionale del 1812, che abolì il sistema feudale, e la conseguente censuazione ed enfiteusi delle parecchiate e dei beni rurali ecclesiastici, che il territorio di Buseto iniziò ad essere popolato. Per quasi tutto il secolo XIX i territori maggiormente popolati saranno però gli ex possedimenti di chiese e monasteri di Trapani e Monte San Giuliano, mentre nelle parecchiate, divenute sempre più estese, alla grande proprietà terriera dell’aristocrazia si andò sostituendo la proprietà fondiaria della nobiltà di provincia. Finite ormai le antiche scorrerie dei briganti i nuovi proprietari, provenienti in maggior numero da Monte San Giuliano ma anche da altri centri della Sicilia occidentale, iniziarono a costruire i propri nuclei abitativi posti al centro del podere, sparsi per il territorio accanto a sorgenti d’acqua, lungo le direttrici di antiche mulattiere che collegavano pozzi, abbeveratoi, bagli. La popolazione si concentrò a valle lungo i percorsi viari più importanti. Buseto cominciò a popolarsi con lenta gradualità in piccoli agglomerati ma per lo più in case sparse nella ridente campagna. Questa crescita demografica delle frazioni crea degli scompensi inevitabili nella vita amministrativa del vastissimo comune di Monte S. Giuliano. Le esigenze dei nuovi agglomerati sono tantissime mancano le infrastrutture primarie. Sorge il malcontento delle popolazioni, la tensione tra campagna e città si va sempre più acuendo, soprattutto nella popolazione busetana che, considerato lo stato di totale abbandono in cui versa il territorio, ravvisa la necessità di chiedere l’autonomia amministrativa.